Donne e lavoro: missione (non sempre) impossible
Il dilemma delle donne lavoratrici di fronte al binomio lavoro/famiglia è sempre lo stesso: resistere o lasciare. Ci sono i turni, l’asilo nido che non c’è o costa troppo. E poi i nonni da proteggere e, a fine serata, anche le camicie e il bucato. Poi una certezza su tutte: questo non è un Paese per madri lavoratrici. Infatti una su quattro lascia il lavoro alla nascita del primo figlio e si calcola che dieci milioni di donne (41%) in un decennio abbiano rinunciato a stipendio e carriera.
Di questi tempi, per chi resiste e non molla il lavoro, c’è da affrontare anche la sfida della pandemia e la crisi scatenata dal dilagare del virus: donne e giovani la stanno pagando di più. Il tasso di occupazione femminile, già tra i più bassi in Europa, a fronte di mancanza di provvedimenti adeguati è destinato a scendere ancora. E oggi appena una lavoratrice su due lavora e oltre il 32 per cento ha contratti part-time
Si stima che questo comporti un danno enorme, per la crescita e per i conti di un welfare pubblico già in dissesto nel Paese con sempre più nonni e sempre meno neonati (solo 1,29 figli a donna, record negativo in Europa). La famiglia italiana -emerge da una recente analisi – è squilibrata: fa quasi tutto lei. Il 73% del lavoro in casa e le mansioni di cura di giovani e anziani.
Come aiutare le lavoratrici a conciliare ufficio e figli, azienda e scuola è il primo fondamentale passo. Già il 4 aprile del 2019 il Parlamento europeo ha approvato la direttiva sul work-life balance (conciliazione vita-lavoro), imponendo agli stati membri l’introduzione entro il 2022 di interventi sul fronte dei congedi. Negli ultimi anni la contrattazione collettiva, specialmente di secondo livello, ha avuto un importante sviluppo sul versante della conciliazione vita-lavoro, secondo gli esperti.
Troppo spesso le donne si trovano però davanti a un bivio e devono scegliere: lavoro o famiglia. Tante altre volte si fanno in quattro per portare avanti tutto, ma poi sono le prime a saltare in caso di difficoltà. Inutile parlare di conciliazione, sostiene Susanna Camusso, già segretario generale Cgil, «se prima non si affrontano i nodi delle infrastrutture sociali». Il problema numero uno sono i servizi, quasi inesistenti. “L’offerta degli asili nido è ridicola, mentre il sistema di educazione deve partire da zero anni e non da sei. Le strutture sociali sono la chiave di volta senza la quale non può esserci conciliazione. Le risorse vanno spese per dare risposte che durino nel tempo, in servizi e nel contrasto alla precarietà: donne e giovani sono i primi ad essere espulsi dal mercato del lavoro».
Ma a monte c’è la formazione: il futuro è Stem. Più ragazze studieranno scienze, tecnologia, ingegneria e matematica, più aumenterà il numero delle lavoratrici. «La formazione scientifica e tecnologica – spiega Confindustria – rappresenta un’opportunità per l’inserimento delle giovani donne nelle alte professioni».