Fed: contrasto all’inflazione per contenere i prezzi
Il caro prezzi è un’evidenza ormai per tutti, americani compresi. Stimolato dal COVID-19 prima – con forti aspettative di ripresa – e dalla guerra poi – con attese meno promettenti – l’impennata del costo di tutti i beni, compresi e soprattutto quelli di prima necessità, allarma anche i Governi dei Paesi membri dell’Unione europea, che stanno alla finestra in attesa che la Fed intervenga.
Ha preso infatti il via martedì l’incontro determinante del Federal Open Market Committee, l’istituzione che per conto della Federal Reserve gestisce la politica monetaria. Confermando le aspettative, Jerome Powell è stato costretto ad imporre un aumento del tasso di interesse di 75 punti base, passando da +1,50 a -1,75.
L’incremento sarebbe il più alto dal 1994. La decisione si configura come una vera dichiarazione di guerra all’inflazione. L’aumento dei prezzi è insostenibile per i cittadini ed è arrivato a toccare l’8,6%, un record che non si registrava dagli anni 80. La crisi alimentare è dietro l’angolo e nei paesi più poveri, come il Sudan, già è diventata una realtà da quando la FAO ha annunciato che sospenderà gli aiuti per 1,7 milioni di persone a causa della prioritaria crisi in Ucraina.
Ma non solo l’Africa soffre (anche se qui l’impatto è più forte). Anche gli occidentali devono fare i conti con il caro prezzi, che incide soprattutto su benzina e alimentari. Lo stesso presidente americano Biden è molto preoccupato per la morsa di un’eventuale recessione che già si intravede nelle stime degli economisti. E la Fed è l’unico organismo che la può scongiurare. La convinzione diffusa tra gli analisti e i governanti è che l’economia riesca ad ammortizzare un forte cambio di tasso di interesse, al fine di abbattere il nemico numero uno: l’inflazione.