La globalizzazione di ritorno e l’affermazione di un nuovo scenario mondiale
Globalizzazione si o no? È finita l’era delle grandi transazioni commerciali e delle conseguenti dipendenze dovute all’approvvigionamento di materie prime di cui l’Italia non dispone? Gli analisti si dividono su questo tema, tra chi sostiene che un nuovo ordine mondiale è alle porte e chi difende la scelta di una globalizzazione senza alternative. A meno di non voler studiare nuove strategie e sostenerne i costi.
La verticalizzazione della filiera infatti pone diversi problemi. Considerando che quello italiano è un contesto di industrie prevalentemente di trasformazione con ridotte potenzialità economiche – essendo per lo più PMI – avviare grandi processi su larga scala di ricucitura della filiera come hanno fatto i grandi gruppi del lusso francese in Italia non è facile.
Ma passando in rassegna le intenzioni delle imprese, sulla base di uno studio della Banca d’Italia del 2020, il 78% non aveva nessuna intenzione di ridurre il numero dei suoi fornitori stranieri. Solo il 5,7% ha preso in considerazione l’idea di rendersi indipendente e solo l’1,9% ha messo in pratica queste intenzioni.
L’allineamento della filiera comporta necessariamente, secondo gli autori dell’analisi, un incisivo intervento esterno di politica industriale nel più ampio senso del termine. Un intervento simile è, ad esempio, il Chips Act voluto dal commissario Ue Thierry Breton, per produrre semiconduttori a livello continentale.
In quest’ottica, la transizione digitale potrebbe essere la cura del ritardo del sistema paese. Il superamento o quantomeno il contenimento dei costi dovuti alla produzione potrebbe essere realizzato attraverso l’implementazione della cultura digitale, intesa anche come sperimentazione di soluzioni innovative in azienda tra vertici, dipendenti e fornitori.
Il problema, che non era emerso nemmeno con la pandemia, riguarda il legame tra l’economia e la politica e nel nuovo scenario geopolitico mondiale questa crisi ucraina ci ha dimostrato come tale collegamento diventi pericoloso nel caso di contesti totalitari. In particolare, la percezione di un nuovo ordine mondiale con scenari incerti in cui la politica condiziona e interviene anche nell’economia è la spinta che serve per ripensare le strategie necessarie ad affrontare questo nuovo quadro. Ma questo non può avvenire cancellando il passato.