La rivoluzione del mercato del lavoro
Eravamo rimasti al jobs act che, tra le polemiche sull’abolizione dell’art. 18 e le nuove norme, ha favorito una riduzione dei contratti temporanei in virtù della trasformazione di molte collaborazioni in assunzioni a tempo indeterminato. Con il relativo minore e meno redditizio ricorso alla Partita Iva.
Oggi, con le riforme singhiozzo del governo giallo verde e in particolare la Flat Tax, si rischia di invertire la tendenza del prosciugamento dei contratti a termine, a favore di un ricorso più deciso alla Partita Iva.
Infatti con una tassazione al 15% dei redditi fino a 65.000 eu – un tetto molto largo sotto il quale ricade la maggior parte dei lavoratori dipendenti – non conviene farsi assumere, considerato che la tassazione relativa all’assunzione è del 30%.
Altra questione che potrebbe incidere fortemente sulla produttività e la legalità del mercato del lavoro, il Decreto Dignità che comporta un assegno di 780 eu: se si pensa che lo stipendio medio di una commessa non arriva a mille euro, si intuisce come il destinatario del sussidio possa diventare propenso all’inattività o addirittura svolgere nel tempo libero qualche lavoretto esentasse. Alimentando così il mercato nero e depotenziando la produttività degli operatori.
Una riforma, questa, che gioca sul filo del rasoio con i risparmi degli italiani, ancora non lascia intravedere investimenti nel lavoro e nello sviluppo e che si affida sostanzialmente alle speranze in una congiuntura favorevole. Una manovra legislativa che l’Europa ha già bocciato e che preoccupa fortemente Confindustria e destabilizza il mercato, portando lo spread a livelli altissimi e affossando le Borse.