Lavoro a distanza: perché si deve legiferare in materia di Smart Working
Il tema delicato ed esploso in tutta la sua potenza rivoluzionaria dalla pandemia di covid è al centro della riflessione politica se, anche Romano Prodi dalle pagine del Messaggero, gli dedica la sua arringa editoriale.
Con i soliti modi pacati e razionali, l’ex premier delinea in pochi efficaci tratti quali sono le caratteristiche peculiari di una rivoluzione destinata a stravolgere il mercato del lavoro. A cominciare dalla necessità impellente di una legiferazione in materia di lavoro intelligente. Contestato fin dal nome inglese, che il leader trova inopportuno e discriminatorio in quanto, osservazione ben condivisibile, tutti i lavori sono intelligenti e degni di questa attribuzione.
Al di là del suo essere agile e svolto in luoghi altri dall’ufficio, il lavoro a distanza secondo Prodi deve affrontare il rebus tra coloro che lavorano il doppio e gli imboscati, e nella realtà dei fatti va risolto anche il dilemma di come distinguere tra le due ben diverse categorie di lavoratori, perché mancano le metodologie e i processi per fare il dovuto distinguo. E mancano soprattutto le leggi.
C’è poi il nodo da sciogliere degli infortuni domestici durante la prestazione, totalmente avulso da qualsiasi normativa in materia, che ancora la politica non ha voluto o potuto affrontare, presa da altre priorità. Nulla è stato prodotto a livello legislativo nemmeno sul discorso della prestazione, del come valutarla e del come adeguare gli step di carriera ad un percorso nuovo e mai battuto prima. A fronte di ciò l’autore segnala l’esigenza di riunire intorno al tavolo tutte le categorie produttive e i rappresentati delle istituzioni per concertare il futuro.
Questa necessità deriva dall’urgenza di ripianificare la vita in città che saranno profondamente stravolte dalla digitalizzazione dei servizi: dal commercio al tempo libero. E questa nuova dimensione comporterà un ripensamento non più procrastinabile della vita degli italiani, dei ritmi e della qualità del tempo speso nel lavoro e dell’equilibrio con le esigenze del privato.