Le imprese al tempo del Coronavirus: credere nella ripresa imperativo per tutti
Sono tempi duri per le imprese e i lavoratori. La pandemia ormai riconosciuta dall’OMS del virus influenzarle meno letale ma più contagioso dei precedenti, rischia di far collassare il nostro imponente sistema sanitario. E la leggerezza nel l’interpretazione dei primi contagi rende l’Italia vulnerabile nella sua credibilità internazionale. Arrivando a rivestire l’ingrato e ingiusto ruolo dell’untrice d’Europa.
Chi ne paga le spese – oltre alle vittime in primis e ai contagiati – è il sistema paese, con i lavoratori costretti a a casa e le imprese in tilt. Ma cosa si può fare oltre al ricorso al web per far ripartire aziende, scuole e uffici? Gli immunologi, massimi esperti in materia, suggeriscono di arrivare al più presto alla firma di un decreto nazionale che faccia rimettere in moto la macchina ferma e sotto pressione.
Innanzi tutto norme igieniche precise e dettagliate sulla pulizia e sanificazione dei luoghi ad alto impatto di contagio, come scuole e uffici, ma anche mezzi pubblici e palestre. L’igiene è fondamentale per contenere il contagio. Epidemia che deve essere circoscritta il più possibile alle zone rosse evitando la diffusione del virus al Sud, tendenzialmente più deficitario in quanto ad efficienza sanitaria.
E poi, parlando di provvedimenti strettamente economici, defiscalizzare e ridurre i tassi degli investimenti non basta. Le imprese fanno fatica a espletare i servizi e a fornire i prodotti e i prezzi dei fornitori salgono nel meschino gioco della domanda e dell’offerta. E in questo frangente le aziende sono soffocate e non più propulsive.
Ma soprattutto quello che serve è liquidità, e il Piano da 7,5 miliardi messo sul piatto dal Governo sembra a molti imprenditori insufficiente, solo una mera misura tampone. Per ridare vigore all’economia italiana ne servirebbero il doppio. Forse con un Piano di rilancio di 15 miliardi il Coronavirus farebbe meno paura.