Le riforme bloccate dalla caduta del Governo: quale futuro per l’Italia
Le elezioni sono ormai una certezza: a settembre il Paese si ritroverà alle urne per esprimere l’idea di Governo che più lo rappresenta. Ma prima del confronto elettorale e più di assistere ai colpi bassi (inevitabili) della campagna elettorale gli italiani avranno un bel pensiero a cui rivolgere l’attenzione.
Cosa ne sarà delle tante riforme che avrebbero dovuto essere varate da Draghi&Co e che invece resteranno ferme al palo? Impossibile prevederlo per quanto riguarda i vari settori di intervento. Dal reddito di cittadinanza alla scuola, dalle pensioni al bonus 200 euro, dal decreto aiuti bis a quello sulla concorrenza, tutto sembra sospeso.
La maggior parte delle riforme avrebbe dovuto essere varata dopo la pausa estiva, ma con la debacle dell’attuale primo ministro questo probabilmente non sarà realizzabile. E occorrerà fare una corsa contro il tempo a partire da ottobre per varare le nuove misure e non perdere i finanziamenti dell’Ue.
Cosa significa? È presto detto: l’Italia rischia di compromettere la sua adesione al PNRR e di perdere la seconda e la terza rata del finanziamento europeo che vincola gli Stati membri a delle riforme obbligatorie, al fine di adeguarsi agli standard dell’agenda 2030. 55 sono gli obiettivi che il bel paese dovrebbe mettere a segno entro il 2022. E tra essi tutte le principali riforme messe sul piatto dal Presidente Draghi. Molte delle quali assumono un’urgenza determinante in quanto vincolate proprio al PNRR.