Un pianeta B non è possibile: la crisi energetica può diventare la spinta al cambiamento
La scienza lo dice a gran voce da tempo: continuare a investire in produzione di fonti energetiche fossili è una missione suicida che porterà presto il pianeta alla distruzione. E se non sono valsi finora i risultati dei cambiamenti climatici in corso, oggi la crisi energetica causata dalla guerra in Ucraina e dal ricatto di Putin può diventare lo slancio giusto e non procrastinabile per determinare un decisivo cambiamento di rotta.
Le fonti fossili inquinano, non è una novità. Ma invece di puntare a una politica economica di risparmio e sacrificio soprattutto per le famiglie meno abbienti e le PMI più in difficoltà, sarebbe giunto il momento di investire sulle rinnovabili. Dal punto di vista energetico infatti, le attuali capacità delle aziende in campo in Italia sul fronte delle energie pulite sarebbero in grado di coprire un fabbisogno pari a 60 GW in tre anni.
A quanto corrisponde una produzione del genere? Secondo le stime di Greenpeace, 60 GW sostituirebbero 15 miliardi di metri cubi di metano, e permetterebbero di produrre 80 miliardi di kilowattora all’anno. Una quantità 7 volte maggiore degli aumenti di produzione di gas previsti dal Governo Draghi e ben superiore a quanto potrebbero generare le 6 discusse centrali nucleari ERP che la Francia vorrebbe realizzare.
Parlando di energia, secondo lo scenario descritto nello studio ‘Italia 1.5’ di Greenpeace si potrebbe arrivare con le rinnovabili ad un 75% di produzione entro il 2030 e ad un 100% entro il 2040. E non si tratta solo di sfruttare sole e vento, di cui il nostro paese non è certo privo. Ma di mettere a regime zero waste anche tutte le preziose risorse derivanti dalla raccolta differenziata e dall’azione di recupero dei rifiuti non pericolosi, attualmente destinati all’estero.
La situazione generata dalla guerra in Ucraina e l’atteggiamento intransigente del leader russo determineranno una crisi energetica senza pari nella storia. Per l’Europa e per i suoi principali importatori di gas e petrolio russi – Germania, Francia, Spagna e Italia – è arrivato il momento di scegliere. O le rinnovabili e l’indipendenza energetica, o la lenta escalation verso l’implosione del Pianeta. I cui primi segnali – senza scomodare Greta Thunberg – sono già evidenti e sotto gli occhi di tutti.